L’essere unici passa anche dal nostro cervello
Avete mai sentito parlare di neuroplasticità? Be’, se siete già capitati da queste parti ricorderete il nostro ultimo post sul tema – che trovate per intero qui.
Sintetizzando potremmo dire che la neuroplasticità è ciò che ci permette di attivare nuovi comportamenti i quali finiscono inevitabilmente per modificare il nostro cervello. Ogni volta che mettiamo in atto un nuovo schema di azione cambiamo qualcosa nel nostro cervello e ogni qualvolta impariamo una nuova abilità lo modifichiamo. Insomma, il cervello è in costante aggiornamento.
Questa caratteristica ha effetti positivi piuttosto evidenti, ma ha anche effetti del tutto negativi. Vediamoli insieme.
Lara Boyd, docente di Neurobiologia presso la British Columbia University, fa alcuni collegamenti tra neuroplasticità e apprendimento a nostro avviso molto interessanti.
Lara sostiene che il driver principale nel cambiamento del cervello è l’insieme dei comportamenti che attiviamo. Perciò, se mettiamo in atto un nuovo comportamento, per esempio se incominciamo a pronunciare frasi in una nuova lingua, modifichiamo il nostro cervello. Con la pratica renderemo stabile l’apprendimento e con il tempo sapremo parlare e scrivere una nuova lingua. Questo è quel genere di neuroplasticità che definiremmo virtuosa (riguardo l’apprendimento di una seconda lingua e le conseguenti trasformazioni cerebrali, vi segnaliamo l’abstract di un articolo molto illuminante che trovate qui).
Ma, come dicevamo qualche riga fa, esiste anche una neuroplasticità non virtuosa o negativa. Per esempio, quando smettiamo di esercitarsi in qualcosa – una lingua, uno sport – oppure, per essere più drammatici, quando si assumono droghe fino a diventarne dipendenti.
Il nostro cervello è talmente plastico da subire importanti cambiamenti strutturali e funzionali grazie a ciò che facciamo ma anche a ciò che non facciamo.
Un altro aspetto che lega la neuroplasticità all’apprendimento è la frequenza con la quale mettiamo in atto i nostri comportamenti. Per consolidare l’apprendimento, e quindi stabilizzare il cambiamento del nostro cervello, niente è più efficace della pratica. La non troppo cattiva notizia è che non esistono regole universali: il tempo di apprendimento varia da individuo a individuo così come cambia il livello di efficacia della modalità di apprendimento. Questa variabilità dipende dal fatto che ogni cervello è unico. Non esiste al mondo un cervello uguale ad un altro.
Lara Boyd lo dice forte e chiaro: “[…] possiamo cambiare perché il nostro cervello è neuroplastico.” Partiamo dalle modalità di apprendimento più vicine a noi, mettiamo in atto quei nuovi comportamenti che ci portano a raggiungere ciò che vogliamo e che rappresentano un “cambiamento in meglio”, ripetiamo quei comportamenti che riteniamo più salutari per il nostro cervello e dismettiamo quelli che non lo sono.
“Costruiamo il cervello che desideriamo” dice la Boyd e, francamente, non ci sembra un’affermazione da poco.
E voi, ci avete mai pensato? Mettetevi alla prova e fateci sapere!